17/10/2012 – Musicisti dello schermo: Angelo Francesco Lavagnino
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La disciplina che mi ha imposto il cinema nella mia lunga carriera (perch ho fatto centinaia di film di tutti i generi) e le lezioni che ho impartito per tanti anni all’Accademia Chigiana di Siena – che mi ha permesso di venire a contatto con allievi di ogni parte del mondo: giapponesi, filippini, colombiani, jugoslavi, greci – mi hanno quasi rivelato poi il segreto del mio mestiere: che fatto di molta umilt, cio quello di servire l’immagine. Il musicista, al contrario, coi suoi problemi tecnici ed estetici, sarebbe pi disposto a dare la stura a tutte le sue abilit strumentali, a tutte le sue abilit coloristiche per farsi servire dall’immagine: ma questo non sarebbe un vantaggio per il pubblico, il quale naufragherebbe in mezzo a una marea di suoni e di problemi musicali che in fondo a lui non interessano. Si tratta di un indietreggiamento umile per portare all’essenziale la musica e creare quel miracolo della prima impressione, perch il pubblico vede il film una volta soltanto, e attraverso quella volta deve farsi un quadro preciso di ci che soprattutto il regista ha voluto dire. In questa testimonianza di met anni Sessanta Angelo F. Lavagnino parla con lucidit e semplicit di s, del proprio artigianato e della musica come parte organica dell’esperienza filmica; alle spalle ha gi collaborazioni con cineasti del calibro di Rossen, Walsh, Nicholas Ray, Ritt e, soprattutto, Orson Welles. Senza dire dei molti registi di casa nostra che in lui hanno trovato una sponda musicale duttile e generosa, e in pi d’una occasione memorabile. Al di l dei meriti di una scrittura fluida, timbricamente raffinata, spesso innovativa per agglomerazioni strumentali, Lavagnino vanta anche un primato che tecnico ed estetico allo stesso tempo: invece di lanciare anatemi contro le inadeguatezze della sala di registrazione – memorabili le invettive di Cicognini, quando affermava mancavano i mezzi tecnici, per cui il missaggio veniva male in Italia. [] Con un missaggio fatto male, con della musica scritta per complessi troppo grandi; tutto questo ha veramente danneggiato la colonna sonora di un film italiano dell’epoca – Lavagnino sceglie un orientamento diverso: esplora soluzioni foniche mai sperimentate, e tanto dai vantaggi che dai limiti della tecnica trae imprevedibile profitto; della sala di registrazione mette a frutto morfologia e spazi “proibiti”, la sensibilit del microfono, le aree d’eco e di riverbero, etc.: in altre parole, punti di forza e punti deboli dell’apparato tecnologico. Si misura poi, primo in Italia, con la stereofonia e la registrazione separata su piste magnetiche: dichiara senza mezzi termini la necessit di impostare [] partiture adeguate alle nuove esigenze dei microfoni. Insomma, rivoluziona liturgie e procedimenti della sala d’incisione e la prospettiva stessa del musicista per lo schermo: ne rifonda il modus operandi, che non pu pi infischiarsene di implicazioni e complicazioni tecniche, e istituisce quella che lui stesso definir la “poetica del microfono”. Come scrive Francesco Savio la sua ambizione , insomma, quella di “costruire” il suono: il collaboratore naturale del musicista non pi il direttore d’orchestra, ma il fonico. Poco dovrebbe sorprendere, a questo punto, l’incontro con Welles, sul set di Otello: non una fatalit ma ben individuate affinit elettive hanno reso Lavagnino – per dirla ancora con Savio – partecipe delle tipiche ricerche del regista in ordine al problema figurativo-spaziale: ricerche che dalla sfera visiva si estendevano cos a quella acustica.
Rassegna a cura di Sergio Bassetti
ore 17.00
Madame Sans-Gne (1961)
Regia: Christian-Jaque; soggetto: dalla commedia di mile Moreau e Victorien Sardou; sceneggiatura: Henri Jeanson, Ennio De Concini, Jean Ferry, Franco Solinas, Christian-Jacque; fotografia: Roberto Gerardi; scenografia: Jean D’Eaubonne, Mario Rappini; costumi: Marcel Escoffier, Italia Scandariato; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Eraldo Da Roma, Jacques Desagneaux; interpreti: Sophia Loren, Robert Hossein, Julien Bertheau, Marina Berti, Carlo Giuffr, Gabriella Pallotta; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Compagnia Cinematografica Champion, GE.S.I. Cinematografica (Gestione Studios Internazionali), Cin Alliance, Agata Films; durata: 100′
la storia della spregiudicata Madame Sans-Gne, la “signora senza soggezione”, che per amore del capitano Lefevre capace di disobbedire a Napoleone, raggiungere l’amato in guerra, fuggire dalla prigionia e infine, dopo una rocambolesca evasione, proporsi alla nobilt francese con schiettezza indomita. In questo film, tratto dalla commedia teatrale omonima di Victorien Sardou ed mile Moreau, una figura mitica della storia francese, gi interpretata da attrici come Gloria Swanson e Arletty, viene rievocata da una produzione internazionale fastosa ed opulenta: l’occasione per una delle interpretazioni che l’attrice ricorda con pi simpatia. Questo il film di Sophia, dall’inizio alla fine: Sophia oscena, Sophia esuberante, Sophia triste, Sophia amorosa, Sophia che ama giocare, Sophia virtuosa. L’attrice domina lo schermo e diminuisce ogni altra performance, tranne Julienne Bertheau, un’efficace Napoleone (Jan Johnson, Films and Filming).
ore 19.00
L’impero del sole (1956)
Regia: Mario Craveri, Enrico Gras; testo: Gian Gaspare Napolitano; fotografia: M. Craveri; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Mario Serandrei; origine: Italia; produzione: Lux Film, Tecnostampa, S.P.E.S., Produccin Film Per; durata: 89′
Il documentario illustra vaste zone del Per in cui i discendenti degli antichi abitatori dell’impero degli Incas conducono la loro vita errabonda, tra le rovine delle citt, dei templi, delle fortezze, delle antiche necropoli. L’impero del sole un centone di frammenti di valore e di significato assai diversi, collegati insieme, come abbiamo gi detto, dal solo concetto di una curiosit ricreativa. [] Che resta allora? Restano, e non poco, la bellezza di moltissime fotografie, la virtuosit della macchina da presa nell’inquadrare immagini sorprendenti da angoli visuali insoliti, gli eleganti accordi di colori di certe sequenze, come per esempio quella della moria degli uccelli nell’isola del Guano con quegli ossami bianchi e quei cadaveri arruffati sparsi sulla sabbia rossa che ricordano e superano quanto di pi surrealista mai stato fatto da Dal e dai suoi seguaci. Insomma, dal punto di vista meramente visivo e spettacolare, L’impero del sole un film che “prende” (Moravia).
ore 20.45
Incontro moderato da Sergio Bassetti con Steve Della Casa
a seguire
Otello (1952)
Regia: Orson Welles; soggetto: dalla tragedia omonima di William Shakespeare; sceneggiatura: O. Welles; fotografia: Anchise Brizzi, G.R. Aldo, Georges Fanto, Oberdan Trojani, Alberto Fusi; scenografia: Alexander Trauner; costumi: Maria De Matteis; musica: Angelo Francesco Lavagnino, Alberto Barberis; montaggio: Jean Sacha, Renzo Lucidi, John Shepridge, Rinaldo Boggio, Enza Boggio; interpreti: O. Welles, Michael Mac Liammoir, Robert Coote, Suzanne Cloutier, Michael Lawrence, Hilton Edwards; origine: Italia/Usa/Francia/Marocco; produzione: Scalera Film; Mercury production, Les Films Marceau; durata: 98′
Per colpa del perfido Jago, suo alfiere, il moro Otello, generale della Repubblica di Venezia, uccide per gelosia la moglie Desdemona e si d la morte. []. Incompreso quando usc per la sua resa sanguigna e barbarica, espressionisticamente dilatata e frantumata, del dramma shakespeariano. Influenzato da Ejzentejn. Vi compaiono Joseph Cotten come senatore e Joan Fontaine come paggio. 6 film di Welles, il 1 girato fuori dagli Stati Uniti (interni a Roma, esterni in Marocco e in Italia), tra innumerevoli traversie e interruzioni per mancanza di denaro, difficolt superate con invenzioni geniali. (Per Desdemona furono chiamate Lea Padovani e Betsy Blair finch, insoddisfatto, Welles scelse la francese Cloutier.) Palma d’oro a Cannes ex aequo con Due soldi di speranza di R. Castellani (Morandini).
Ingresso gratuito
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Category : Eventi